Antidoti letterari allo spleen settembrino
“Ci sarà un giorno in cui la rivoluzione proletaria garantirà a tutti la piena automazione” disse Aragorn davanti al Nero Cancello, “ma non è questo il giorno. Quest'oggi, lavoriamo! Per il gatto che ci aspetta a casa, per potergli comprare le crocchette migliori, v'invito a resistere! Uomini dell'Ovest: per lo stipendio!”
Se state per chiudere l’articolo al pensiero che l’autrice (me stessa medesima) abbia fatto scempio dell’opera di Tolkien, vi capisco e vi saluto. Se intendete continuare a leggere perché ritenete che nessun affronto alla memoria dell’Altissimo (i.e.: Tolkien, ovviamente) possa essere peggiore di Rings of Power, vi voglio bene. Spero che i miei consigli possano esservi utili. XO XO
Metodo 1: prendersela con tutti
Volete sfogare rabbia repressa, ansia, frustrazione crescente? Prendere a randellate (verbali) il prossimo aiuta, innegabilmente, a distendere i nervi e a spurgare la bile in eccesso: parola di Arthur Schopenhauer. Il serenissimo e assolutamente non livoroso filosofo ci insegna come farlo al meglio nel manualetto L’arte di insultare, che vi consiglio di portare in ufficio e tirare fuori non appena il collega di turno vi farà girare i cosiddetti. In questa raccolta di massime, il buon Schopenhauer inveisce (in modo forbito e pienamente logico sul piano argomentativo) contro, in ordine sparso:
- le donne
- i francesi
- i tedeschi
- sé stesso
- le donne
- Hegel
- gli ottimisti
- i positivisti
- le persone con la barba
- le donne
- Hegel
- più o meno qualunque filosofo/intellettuale tedesco vissuto nella sua epoca
- la sua epoca
- il genere umano
- la vita
- le donne
- Hegel
- I rumori forti/la caciara/lo schiocco di frusta
- le persone brutte e stupide
- la religione
- le donne
- Hegel
- i recensori anonimi
- la maggior parte degli scrittori
- i lettori forti
- la maggior parte dei libri
- i patrioti
- le donne
- Hegel
- le università
- l’amore
- la monogamia
- il razzismo
- l’America
- le donne
- Hegel
- il materialismo
- il matrimonio
- le mosche
- il desiderio sessuale
- chi maltratta gli animali
- Ancora, soprattutto: LE DONNE, HEGEL.
Il livello di rancore che ho trovato in queste pagine è ciò che ambisco a conservare nel mio cuore, fino a che, un giorno, esso genererà una dimensione parallela alla Silent Hill (costituita, essenzialmente, dal mio disprezzo per qualunque cosa/persona esistente al mondo, me stessa in primis) e sprofonderà l’umanità nel dolore, nel terrore e nella tanto sospirata estinzione che gli autori fondamentalmente pessimisti, come il simpaticissimo Arthur, auspicano da tempo immemore. Scherzo. O forse no :)
Consiglio questo tomo a tutti coloro che se ne sbattono la ciola di non urtare la sensibilità, propria e altrui, e trovano che l’insulto sia una sottile arte da tramandare di generazione in generazione. Insomma: se proprio dovete riprodurvi, quantomeno insegnate ai vostri figli a disprezzare il “live, love, laugh” state of mind.
Metodo 2: prendersela con Dio
Rinnegare il Creatore è facile, ma farlo con lo stile di José Saramago non è da tutti: il suo romanzo Caino è la bestemmia più elegante, ragionata, magnificamente scritta che abbia mai letto (anche perché, di solito, chi bestemmia predilige la forma orale). Vi invito a leggerlo per allenare la fantasia con elucubrazioni e acrobazie linguistiche tanto più complesse quanto più il peso della vita grava orribilmente sulle vostre spalle.
“La storia degli uomini è la storia dei loro fraintendimenti con Dio, né lui capisce noi, né noi capiamo lui” afferma saggiamente Saramago; capovolgendo la Bibbia, crea un protagonista che, a sua volta, rovescia l’ordine sacro, mettendo al centro l’uomo per raccontare la nostra versione, non quella del sempiterno Cristo, Uno e Trino: il Caino di Saramago è umano, come tutti noi; né migliore, né peggiore di chiunque altro; come l’Ulisse dantesco, la sua sete di avventura, scoperta, conoscenza lo conduce a ripercorrere tutti gli episodi più significativi della narrazione biblica per restituirceli attraverso i suoi occhi: la cacciata dall’Eden, l’incontro con Lilith, il sacrificio di Isacco, la costruzione della Torre di Babele, la distruzione di Sodoma, l’episodio del vitello d’oro, le prove inflitte a Giobbe, l’arca di Noè.
Se la figura di Caino viene riabilitata da questa narrazione, quella di Dio ne esce a pezzi: un essere più crudele del peggiore degli uomini, iniquo, violento, invidioso e intrinsecamente malvagio, che non ama le sue creature, anzi, le detesta, addirittura gode nel vederle soffrire.
Avete capito bene: Dio gode nel vederci arrancare attraverso le mille insidie del quotidiano, rimpiangendo i giorni in cui la nostra più grande preoccupazione era il compito in classe su “I promessi sposi”. E allora, se lui se la prende con noi per il suo diletto, perché non dovremmo fare lo stesso? È legittima difesa.
Metodo 3: lamentarsi con lo psicoterapeuta
Unica nota positiva del mio settembre: oltre al lavoro, ricomincio anche le sedute di psicoterapia. Non vedo l’ora. Trovo catartico litigare con un collega sapendo che subito dopo andrò a sparlare del soggetto in questione in terapia, uscendo dalla sempre squisita sessione di dialogo (monologo) decisamente più leggera di quando vi sono entrata – il che è, all’incirca, quello che accade in Lamento di Portnoy (uno dei tanti capolavori di quel genio indiscusso di Philip Roth).
Il romanzo è letteralmente la lagna ininterrotta di Alexander Portnoy, protagonista e voce narrante, che si rivolge al suo psicoterapeuta vomitandogli addosso problemi su problemi senza lasciargli neanche il tempo di rispondere. Il dottor Spielvogel dovrebbe aiutare Portnoy a superare rancori sopiti, idiosincrasie, nevrosi, erotomania, attaccamento morboso alla madre, strani e molteplici tic; ma tutto quello che ci è dato sapere sul percorso terapeutico di Portnoy è, per l’appunto, il suo continuo, inestinguibile brontolio.
Del resto, non è quello che servirebbe a tutti?
A volte, per stare meglio, dovremmo semplicemente sbroccare, tirare fuori il marcio, il non detto, il dolore, le angosce, i tarli, la rabbia, asfaltando la faccia a chiunque provi a darci consigli, psicoterapeuta compreso, perché no, NON VOGLIAMO MIGLIORARE CRESCERE GUARIRE ANDARE AVANTI PORCA PALETTA, VOGLIAMO SOLAMENTE SFOGARCI, lungamente sbadilare addosso all’ascoltatore inerme i nostri traumi.
Funziona anche con un amico disposto al sacrificio; qualora doveste eleggere tale amico a depositario del vostro uragano di rimostranze, quantomeno offritegli da bere.
Metodo 4: il sonno eterno
Schiacciare un pisolino non farà sparire magicamente i nostri problemi, ma il letargo sì: Ottessa Moshfegh, con il suo romanzo Il mio anno di riposo e oblio, ha praticamente creato un manuale per chiunque voglia fuggire dal malessere dormendo. Non suona male, vero?
Il libro racconta il tentativo d’ibernazione di una giovane donna tormentata dalla depressione. La protagonista, di cui non conosciamo il nome, sembra essere una persona a cui la vita ha dato tutto: è bella, benestante, ha studiato alla Columbia, ha un buon lavoro. Peccato che i suoi genitori siano morti e che non l’abbiano mai amata, facendola sentire vuota e abulica, incapace di dare e ricevere amore. In compenso, le hanno lasciato un discreto gruzzoletto, che la ragazza userà per reprimere un’angoscia e un dolore esistenziale sempre più forti. Come? Andando in letargo per un anno, imbottendosi di sonniferi.
All’alba del nuovo millennio, questa moderna Sylvia Plath lascia il lavoro, paga in anticipo le bollette, taglia i rapporti con chiunque conosca e si rintana nel letto come un orso – ciò al fine di non provare più alcun sentimento e, miracolosamente, guarire dal male che la affligge.
Non vi spoilero niente sul libro, che brilla per risvolti di trama e riflessioni estremamente interessanti (finale a parte, che ho trovato gratuito e anche un po’ paraculo); vi dico, però, che questa sarebbe la soluzione perfetta al problema: come sopravvivere allo spleen settembrino? Semplice: entrando in coma farmacologico. Buone nanne a tutti!
L’arte di insultare
L’insulto è un genere al quale tutti noi – anche le nature più impassibili – finiamo prima o poi per ricorrere, trascinati da inevitabili circostanze della vita. Ma, al pari della scherma o di qualsiasi altra tecnica di attacco e difesa, l’insulto, per risultare efficace e raggiungere il suo scopo, deve diventare oggetto di studio. Benché di solito lo si associ alla rozzezza e alla collericità, saper lanciare all’indirizzo altrui l’ingiuria, l’invettiva o l’improperio adatti, scientificamente studiati, implica infatti una vera e propria arte.
Visualizza eBookCaino
A vent’anni dal Vangelo secondo Gesù Cristo, José Saramago torna a occuparsi esplicitamente di religione con una prova narrativa impeccabile per stile e ironia. Se in passato il premio Nobel portoghese ci aveva dato la sua versione del Nuovo Testamento, ora si cimenta con l’Antico. E per farlo, sceglie il personaggio più negativo, la personificazione biblica del male, colui che uccide suo fratello: Caino. Capovolgendo la prospettiva tradizionale, Saramago ne fa un essere umano né migliore né peggiore degli altri.
Visualizza eBookLamento di Portnoy
Travolto da desideri che ripugnano alla coscienza e da una coscienza che ripugna ai desideri, Alex Portnoy ripercorre con l'analista la propria esistenza, a partire dalla famiglia ebraica. Quel che gli interessa piú di tutto, però, è il sesso: dopo un'adolescenza trascorsa chiuso in bagno, Alex si butta in una storia dietro l'altra, sempre con ragazze non ebree, quasi che penetrandole potesse penetrarne anche l'ambiente sociale. «Questa è la mia vita, la mia unica vita, e la sto vivendo da protagonista di una barzelletta ebraica».
Il mio anno di riposo e oblio
Esilarante e stranamente tenero, l’esperimento di “ibernazione” narcotica di una giovane donna, aiutata e incoraggiata da una delle peggiori psichiatre della storia. New York, all’alba del nuovo millennio. La protagonista gode di molti privilegi, almeno in apparenza. È giovane, magra, carina, da poco laureata alla Columbia e vive, grazie a un’eredità, in un appartamento nell’Upper East Side di Manhattan. Ma c’è qualcosa che le manca, c’è un vuoto nella sua vita che non è semplicemente legato alla prematura perdita dei genitori o al modo in cui la tratta il fidanzato che lavora a Wall Street. Afflitta, decide di lasciare il lavoro in una galleria d’arte e di imbottirsi di farmaci per riposare il più possibile. Si convince che la soluzione sia dormire un anno di fila per non provare alcun sentimento e forse guarire.
Visualizza eBookClaudia Grande (Chieti, 1990) lavora in Rai Pubblicità come copywriter e content creator. I suoi racconti sono stati pubblicati sulle riviste Frankenstein Magazine e L’Inquieto. Bim Bum Bam Ketamina è il suo primo romanzo.