Breve storia dell'horror
Da sempre, la narrativa dell’orrore ha tentato di mettere in comunicazione l’essere umano con forze ed entità situate al di là della ragione. Che si tratti degli enigmi dell’inconscio o di quelli del soprannaturale, nel corso di quasi tre secoli l’horror ci ha condotti per mano lungo una spirale discendente, che va dai sacri terrori della religione cattolica a quelli, ben più mondani, suscitati da mostri, assassini, incubi viventi e divinità aliene. Nella tradizione popolare cristiana, il Giorno dei Morti non ha solo valenza votiva. Esso ha anche profondi legami con il ritorno delle anime dei defunti sul piano materiale, nonché con l’interferenza degli spiriti maligni con le attività umane. Forse, è questo che la letteratura dell’orrore ha provato a fare: creare portali, istituire un giorno dei morti permanente, su scala globale. Vediamo, allora, alcune delle opere che più di ogni altra hanno contribuito a plasmare la forma e la sostanza delle nostre paure.

Il castello di Otranto: Una storia gotica
Isabella, figlia del marchese di Vicenza, viene promessa sposa a Conrad, figlio di Manfred, il signore di Otranto. Il giorno delle nozze, tuttavia, Conrad viene schiacciato da un enorme elmo piovuto dal cielo e Manfred, che non riesce ad avere altri figli maschi dalla moglie Hippolita, si propone di sposare Isabella. Da qui in poi, il castello si anima di spettri, scheletri animati e giganti fantasma, tutti parte di un’antica profezia che cospira per la rovina del casato di Otranto. Pur essendo uno dei primissimi romanzi gotici, Il Castello di Otranto (1764) presenta ancora oggi alcuni tratti assolutamente innovativi. L’ispirazione cristiano-cattolica dell’opera, infatti, è di gran lunga oltrepassata dalla bizzarria dei fenomeni che si abbattono sugli abitanti del castello. L’atmosfera astratta di cui è infuso il romanzo, inoltre, rimanda a un piano in cui è l’ignoto a farla da padrone: è l’aristocrazia, qui, con la sua arroganza e prepotenza, a divenire oggetto di una persecuzione che piomba su di essa direttamente dalla sfera divina. Una traiettoria teologica che intensifica i terrori ai quali i personaggi di Walpole sono sottoposti.

Racconti
La più vasta raccolta di racconti horror, mistery e grotteschi mai scritta da Poe, pubblicata per la prima volta nel 1845. Stratta di una delle opere più influenti del diciannovesimo secolo, dotata di uno stile e di una varietà che hanno fatto scuola tra autrici e autori quali H.P. Lovecraft, Agatha Christie e Ranpo Edogawa. Qui si può trovare di tutto: dai classici del giallo “La lettera rubata” e i “Delitti della Rue Morgue” (essenziali per la creazione di Sherlock Holmes da parte di Doyle); ai più filosofici “Rivelazione mesmerica”, “Ombra” e “La maschera della morte rossa”; fino all’umorismo cinico nero, così tipico di Poe, di “Hop Frog”, “Il genio della perversione” e “Re peste” (lo stile dei quali resta tuttora inimitato). Una vera e propria camera delle meraviglie, attraverso la quale si è espresso uno dei geni più poliedrici degli ultimi secoli. Non è un caso che Walt Whitman, che tanto detestava Poe per il suo stile di vita decadente, ne abbia infine fatto gli onori in un celebre discorso tenuto al funerale di quest’ultimo.
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Dracula
Il più classico dei classici da riscoprire. L’idea che dà inizio al romanzo (uscito nel 1897) resta ancora oggi una delle più brillanti di tutta la letteratura horror: il giovane avvocato inglese Jonathan Harker viene inviato in Transilvania per curare l’acquisto di un’abitazione di lusso a Londra per conto di un nobile rumeno, il conte Dracula. Il fascino romantico del nostro antagonista ha offuscato gran parte delle vicende e dei dettagli del romanzo. Oggi, rileggendo con più attenzione ci si può accorgere dello spaccato di società vittoriana ritratto all’interno del libro: la pudicizia dei londinesi opposta alla carnalità del vampiro; lo scontro di civiltà tra la vecchia Europa, l’Impero Britannico e i giovanissimi Stati Uniti; l’ascesa dei saperi scientifici; la disparità dello sviluppo tecnologico ed economico. Ma, soprattutto, la curiosità di Dracula e la sua bramosia di recuperare il tempo perso a rimpiangere il passato. Il mito del vampiro non nasce qui, ma è qui che ha trovato la sua eterna dimora.

La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath
Lovecraft è noto al grande pubblico per il gran numero di racconti dedicati agli oscuri, incomprensibili dèi denominati Grandi Antichi. Pochi, tuttavia, si sono addentrati così a fondo nella lore del solitario di Providence al punto di analizzare con la dovuta attenzione alcune storie fondative dell’intero ciclo di Cthulhu e compagni. Il cosiddetto “Ciclo dei sogni”, che vede come protagonista in ben cinque occasioni lo stregone e onironauta Randolph Carter, è un curioso insieme di horror, dark fantasy e speculazione filosofica, che si spinge alla radice metafisica dell’universo lovecraftiano. I viaggi di Carter nelle varie dimensioni del sogno, i suoi incontri con personaggi enigmatici, creature mostruose e luoghi indescrivibili, rivelano al lettore alcuni dettagli fondamentali dei complotti orditi dai grandi dèi esterni. Tra le varie teorie tratteggiate in questo breve romanzo (pubblicato postumo nel 1943) vi è una sorta di terrificante unione mistica con il dio supremo del pantheon creato da Lovecraft, Yog Sothoth, oltre all’idea per la quale l’intera esistenza non sia altro che un sogno (o, meglio, un incubo) della stessa divinità suprema.

Pet Sematary
Ben pochi, tra i moltissimi romanzi scritti da King, ha raggiunto simili picchi narrativi, filosofici ed emotivi. Pet Sematary (1983) narra la storia di una famiglia tormentata dalla morte. Louis, il protagonista, ha un rapporto ambiguo e distaccato con quest’ultima, essendo un medico. Rachel, sua moglie, è tanatofobica, essendo rimasta traumatizzata dalla lente agonia della sorella malata di meningite spinale. A fare da spartiacque, tuttavia, è la morte di Church, il gatto di famiglia. Su consiglio di un anziano vicino di casa, affranto per il dolore della figlia maggiore, Louis seppellisce il gatto in un cimitero un po’ fuori mano, non lontano dal cimitero degli animali vero e proprio. Il giorno dopo, Church ritorna a casa. Ma non è più lo stesso. Da qui in poi, la negazione della morte da parte dei protagonisti si rovescia nell’incubo di un al di là corrotto e malevolo, dal quale è meglio tenersi il più possibile lontani. Non a caso, lo stesso King ha ammesso che si tratta di uno dei concept che più lo ha spaventato in tutta la sua carriera.

Libri di sangue
I Book of Blood (1984-1985) sono tre le opere di Barker più note e apprezzate tanto dalla critica quanto dal grande pubblico. Non sarebbe esagerato affermare che, con questa serie di raccolte di racconti, Barker abbia definito e fissato i trope dell’horror degli ultimi trent’anni. Tra tutti, Barker è quello che più si è avvicinato allo stile poliedrico di Poe, innestando sull’horror una moltitudine di generi che spaziano dal thriller al gore, dalla commedia nera al noir. In questa serie, inoltre, si possono ritrovare alcuni degli spunti che hanno reso celebre la saga di Hellraiser, quali la critica alla psichiatria e la riflessione sulla sessualità. L’opera di Barker si profila, in questi racconti, come un viaggio allucinante attraverso il labirinto della perversione, nella quale nulla viene risparmiato al lettore, neppure lo spietato confronto con l’aridità e spietatezza dell’uomo comune.
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Al nuovo gusto di ciliegia
Grimson è giunto al grande pubblico grazie a uno sfortunato adattamento Netflix curato da Nick Antosca e Lenore Zion (Brand New Cherry Flavor, 2021). Chi, come me, ha apprezzato moltissimo la serie di Antosca, si è subito fiondato sul web, alla ricerca di informazioni sul misterioso autore del romanzo dal quale quest’ultima è tratta. Ebbene, potete immaginare la sorpresa nello scoprire che Grimson non ha una pagina Wikipedia a lui dedicata, e che le informazioni biografiche e bibliografiche su di lui sono davvero ridotte all’osso. Senza contare che i suoi due romanzi non vengono ristampati da anni – un fattore che ha fatto schizzare alle stelle il loro prezzo nel mercato dell’usato. In poche parole, Grimson è e resta un mistero. Per nostra fortuna Mondadori non ha atteso molto per cavalcare l’uscita della serie, offrendo ai lettori italiani una traduzione di questo incredibile romanzo. Al nuovo gusto di ciliegia (1996) è uno dei più grandi capolavori del weird horror contemporaneo, capace di mescolare suggestioni e idee che vanno dal cinema alla demonologia mesoamericana, dagli zombie alla stregoneria, dallo stalking alla infestazioni spettrali. Il tutto condito da un eccesso barocco di bizzarria, che trova il proprio apice nell’esilarante maledizione che costringe la protagonista a partorire gattini da una ferita sul costato.
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Teatro grottesco
Se Beckett avesse scritto horror, il risultato non sarebbe stato poi troppo distante da Teatro Grottesco (1997). L’imponente numero di racconti custoditi in questa raccolta si dissolve, dopo la lettura, in una vaga nube di reminiscenze, sconforto, malinconia e dolore; è davvero arduo ricordare tutti i dettagli di una storia, così come il loro ordine interno o, persino, le vicende in esse narrate. Qui, lo stile di Ligotti, fino a qualche anno prima ancora pesantemente in debito con Lovecraft, si raffina al punto da arrivare a coincidere del tutto con il metodo professato dall’autore fin dagli inizi di inizi di carriera: lasciare che le storie si sviluppino ed evolvano come incubi. L’impressione generale, di fatto, è che le storie narrate da Ligotti nascano dai recessi più profondi dell'inconscio, e che solo in un secondo momento la mente razionale abbia cospirato per infondere in esse la spina dorsale della riflessione speculativa. Ne è un esempio brillante l’impiego di un ristretto numero di personaggi, che si possono ritrovare (con nomi e attributi diversi) in quasi tutti i racconti, alla stregua di una vera e propria serie di incubi ricorrenti.
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Sondando i trope più diffusi degli ultimi anni, si ottiene un indice affidabile di cosa significhi avere paura nel ventunesimo secolo. Tra i filoni più interessanti, sviluppati da giovani autori e autrici, troviamo quello del queer horror, di cui l’originale e provocatorio Camp Damascus (2023), dell’ormai leggendario Chuck Tingle, è un ottimo esempio. Notevole anche la diffusione dell’horror di derivazione indigena, come nel caso di Piñata(2023), di Leopoldo Gout. Torna anche l’horror a tematica animale, di cui si è fatto portavoce Lee Mandelo con il suo Feed Them Silence (2023). Dopo la pandemia, inoltre, anche l’orrore si è fatto addomesticare, con l’emergenza del cozy horror, di cui A House with Good Bones (2003), di T. Kingfisher, è di certo l’archetipo.