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Come si fa l'amore?

Di Rosa Carnevale • agosto 10, 2023


“L’amore, che dire, se ne parla tanto, ma non credo di aver usato spesso la parola, ho l’impressione, anzi, di non essermene servito mai, anche se ho amato, certo che ho amato, ho amato fino a perdere la testa e i sentimenti. L’amore come l’ho conosciuto io, infatti, è una lava grezza che brucia vita fine, un’eruzione che cancella la vita e la pietà, la ragione e le ragioni, la geografia e la storia, la salute e la malattia, la ricchezza e la povertà, l’eccezione e la regola”. Inizia con queste parole magistrali uno dei romanzi di Domenico Starnone, Confidenze. E, ancora, non ho trovato parole migliori per descrivere quello che penso dell’amore. Se ne parla tanto, spesso però sfugge alla ragione, a ogni senso e razionalità. Succede anche a Teresa, la protagonista del romanzo di esordio di Sarah Barberis, Come fare l’amore. Romanzo di una sottona, pubblicato da Sonzogno. Un libro che si tuffa in maniera audace nelle complesse sfumature dell’amore e dell’intimità, proprio come se si buttasse nelle acque di un mare che si fa sempre più calmo e meno ondoso man mano che ci addentriamo nelle pagine. È lo stesso mare che campeggia in copertina, dove un uomo e una donna si uniscono tra le onde, e che fa da scenario all’incontro dei protagonisti nelle prime pagine. Tutto quello che Sarah Barberis sa dell’amore sembra volercelo raccontare con le parole di Teresa, “sottona” di professione, abituata a darla la prima sera e a pentirsi il novanta per cento delle volte. In lei si fondono in maniera inestricabile il desiderio di libertà e la paura di rimanere sola, lo slancio verso il prossimo e il dolore dell’abbandono. Anche con Tommaso, impegnato nella cooperazione internazionale, surfista abituato a girare il mondo in solitudine, non resisterà alla tentazione di cedere immediatamente ma questa volta la storia forse riuscirà a terminare in maniera diversa. Intorno a Teresa, nel libro, gravitano alcuni personaggi ben tratteggiati: l’amico Tobia, sempre pronto a dispensare utili e saggi consigli e le amiche della chat delle “sottone”, anche loro alle prese con i drammi amorosi di tutti i giorni.

Di “sottoni” e “sottone”, d’altra parte, è costellata anche la letteratura. Da Madame Bovary di Flaubert alla Divina Commedia di Dante. Sì, anche il sommo poeta de “l’amor che move il sole e l’altre stelle” era un ''sottone'' quando si trattava di confrontarsi con Beatrice. Fino ad arrivare a uno dei “sottoni” per eccellenza, Antonio Dorigo, tratteggiato in maniera magistrale dalla penna di Dino Buzzati in Un amore.

Ma non solo, basterebbe ascoltare una canzone di Mia Martini per capire i confini a cui può arrivare la “sottonaggine”. Di amore, sesso e crolli emotivi abbiamo parlato con Sarah Barberis, che sui social è @etimofuggente. Per un attimo abbiamo avuto la sensazione di comprenderlo, poi ci è sfuggito di nuovo. “Forse hanno fatto bene a mettere l’amore nei libri”, scriveva Faulkner in Luce d’agosto. “Forse non potrebbe sopravvivere da nessuna altra parte”.

Come fare l'amore: Romanzo di una sottona di Sarah Barberis

Lei, neanche a dirlo, si innamora all’istante; lui è incuriosito dal fatto che lei sembri un disastro. Ma poi Teresa, per la prima volta in vita sua, decide di non cercare Tommaso. Invece Tommaso, per la prima volta in vita sua, decide di cercare Teresa per conoscerla meglio. Ma tra il desiderio di essere liberi e la paura di restare soli, nessuno dei due sa davvero in che direzione andare.

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Come fare l’amore è il tuo primo romanzo. Come dovremmo fare l’amore? Non lo intendi solo come sesso, vero? Dimmi che hai delle idee certe e rassicuranti sull’amore, perché io non le ho mai avute e sono anni che quando qualche autore scrive di amore lo torturo…

L’amore dovremmo farlo nell’unico modo possibile: con il corpo, come lo sente il corpo. Con le emozioni, provandole e condividendole. Con lo spirito, che sempre guarda con curiosità le scopate più belle che facciamo. Si fa così: con il corpo fisico, emotivo e spirituale. Meno di questo mi rende triste e vuota. Poi se mi stai chiedendo come si faccia a creare una relazione d’amore, be’ è un’altra cosa, difficile vederla giorno dopo giorno. Come quando guardi un piccolo germoglio diventare pianta, se lo guardi in time lapse capisci la sua strada. Ma se fissi una pianta per tutto il giorno non vedi niente muoversi. Insomma, da dove siamo è difficile vedere l’evolversi di una storia d’amore. Da fuori, accelerando, è un po’ più facile.

Qual è il modo migliore per dire ti amo, se ne esiste uno?

Potersi esprimere liberamente con l’altro, senza temere il suo giudizio. È un grosso ti amo. Un altro modo bellissimo che però viene espresso dall’autrice e non dai personaggi direttamente è il modo in cui Sally Rooney definisce i due protagonisti di Persone normali: due che si erano fatti un gran bene a vicenda. (L’ho letto in inglese e non so se sia questa la traduzione precisa). È un ti amo postumo però. Se si vuole bene a una persona, di solito, si è smesso di amarla.

Teresa, la protagonista del tuo libro, è una “sottona”. Spiegaci bene cosa si intende per “sottona”. Perché al mio paese era più una persona fortemente addicted, che aveva un brutto rapporto con le sostanze stupefacenti. Ma forse da noi a Firenze abbiamo sempre dato troppa importanza alle droghe e poca all’amore…

Sì, ho sentito quell’accezione di “sottona”. Intanto chiariamo che la “sottona” è una vera e propria addict, che si droga di un certo tipo di emozione, il rifiuto e il dramma che si attiva nella sua mente quando trova uno non disponibile. Io per il romanzo non l’ho contemplata solamente nella sua accezione di dipendente perché ho sempre usato “sottona” per definire una che si trova in una posizione di sudditanza emotiva rispetto a un altro. Che fa tutto per piacere all’altro. La cui felicità è profondamente motivata dalle azioni dell’altro.

“Sottone” si nasce o si diventa?

Si nasce con una seria predisposizione. Come per esempio nella celiachia però c’è un fattore di attivazione, molto spesso lo stress, altre volte la persona “speciale" che riesce a scatenare questa predisposizione. Come Arianna, mai stata “sottona”, un giorno si risveglia tale.

E si può guarire, come si fa?

Non si guarisce. Si accetta, si fa amicizia, si abbraccia la propria “sottona” e si cerca di addomesticarla. Soprattutto si condivide apertamente, se la si nasconde marcisce dentro.

Quelli che amano troppo sono degli sfigati?

Non credo si ami troppo. Magari si ama male. Essere sfigati in amore spesso significa avere aspettative, pensare che l’amore ci renderà felici, avere pretese sull’altro, avere desiderio di cambiare l’altro.

La “sottona” però ha anche un sacco di amiche. Tanto da formare un club…

Non sono amiche. Non credo nella sorellanza, non l’ho fatto per desideri di neofemminismo rosa Barbie. L’ho fatto perché spesso si vive l’amore da solitarie guerriere, senza dire niente a nessuno, oppure sempre in ambulanza, facendo scappare le amiche a furia di piagnistei. Ammettendo invece la propria condizione ad altre persone in condizioni simili e decidendo di accordarsi un sostegno reciproco si attiva un rapporto sano, scevro di assistenzialismo ma ricco di compassione, quella compassione che ha solo chi ha passato il tuo stesso guaio.

Quando è in difficoltà e niente sembra funzionare, Teresa si rivolge direttamente a Tobia, l’amico gay, che studia i cervelli dei topi in laboratorio e sembra conoscere la verità, sempre un po’ più di Google…

Penso che Tobia sia la parte sensata di una persona innamorata, è quella parte fondamentale che si ancora ai dati, alle conoscenze, che riconosce un aspetto biologico nell’amore. È essenziale ricordare che si ama anche con la chimica del cervello, altrimenti sono solo illusioni. Noi siamo animali attivati chimicamente. Chi se lo dimentica e crede a ogni pensiero che gli attraversa il cervello corre rischi enormi. In più si provano grandi paure in amore, una voce rassicurante è fondamentale, va coltivata.

Quella del tuo ultimo libro è una vicenda a tratti autobiografica. Lo dico già io così evito di farti questa domanda. Cosa ne pensi della tendenza di molta letteratura di oggi di indagare da vicino il nostro vissuto e trasporlo sulle pagine?

C’è spazio per tutto nell’umana creazione. Quindi che una cosa venga fatta da tanti non è da reputarsi un bene o un male. È un accadimento. Potrebbe essere mancanza di immaginazione - ma con l’esplosione dei fantasy di TikTok non vedo questo rischio all’orizzonte - oppure sincero bisogno di parlare di noi per parlare di tutti. Non è una sfida semplice, siamo d’accordo. Se Virginia Woolf non avesse guardato molto molto da vicino i suoi amici non avrebbe saputo dirci in che punto si collocava l’umanità in quel momento - e per secoli a venire. E lo ha saggiamente fatto intercettando il grande cavallo di Troia dell’umano che è il personaggio, la figura narrativa che ci ha permesso di dire io. Ma poi siamo tutti diventati più bravi a vivere come personaggi e a scrivere personaggi come noi. Penso a Carrére e a tutti gli scrittori che quando dicono “io” non dicono davvero “io”. Auspico una letteratura ancora più prossima al vissuto, ancora più in ascolto. Vedo il prepotente, ma in alcuni casi meraviglioso, ritorno della prima persona e della forma memoir - penso a Antonella Lattanzi che ti prende per il bavero e ti dice “adesso mi ascolti” o la forma mista de L’invincibile estate di Liliana della messicana Rivera Garza, che ti porta dentro al suo mondo dove parla anche sua sorella morta. Io la prima persona non l’ho presa in mano perché non credo di essere ancora così brava. È il tuffo più alto, quello dal punto dove vanno i coraggiosi, quelli per cui io, di solito, “sottono”.

Tu perché hai deciso di dare voce a questa vicenda?

Perché innamorandomi e cominciando a costruire una relazione avevo sentito di aver fatto un passaggio di stato. Dietro di me rimaneva una tipa che era rimasta tanti anni da sola, innamorata di ombre, spesso isolata nelle sue fantasie e speranze. Volevo congedarmi da lei raccontandola. Anche perché nel frattempo ne avevo conosciute tante altre, simili a me. Eravamo in troppe per non essere un personaggio che poteva esistere sulle pagine. Inoltre molte cose dell’amore mi fanno sorridere, volevo condividerle.

Una “sottona” tipica cosa legge? Quali sono i romanzi su cui si strugge?

Di sicuro rilegge con insistenza e patimento le conversazioni whatsapp con l’oggetto delle sue ossessioni. Di solito dialoghi sbilanciati in cui lei scrive poemi e l’altro risponde a monosillabi. Comunque la narrativa non si addice alla “sottona” che predilige la dimensione tragica, solipstistica e assoluta della poesia. Nel romanzo ci sono troppe persone e questo obbliga la “sottona” a spostare il punto di vista, mentre lei è un’egocentrica ossessiva. Tutte le poesie di Anne Sexton sono puro abisso sottone, così come quelle di Cavalli, Gualtieri e Milo de Angelis. Poi, con un grado di difficoltà innegabile, il più grande: Giacomo Leopardi.

E se fosse una canzone, la “sottona” quale sarebbe?

Minuetto, Mia Martini. Nessuna è arrivata a quel livello.

Tommaso, prima di incontrare Teresa, pensa di stare bene da solo. Sarà la sua amica ed ex fidanzata Laura a dirgli: “Nessuno sta bene da solo”. E, ancora: “per anni ho sperato che qualcuno ti spezzasse il cuore, lo spalancasse, gli facesse prendere aria”. Siamo solo noi donne ad avere la convinzione che l’amore sia necessario al prossimo?

Penso che dentro di noi ognuno abbia un sano, disperato bisogno dell’altro che porta ciascuno di noi ad avere delle trasformazioni. Già da piccoli il bisogno di qualcosa ci spinge a cambiare comportamento con gli altri per stabilire una connessione: a piangere se vogliamo qualcosa o a fare le moine se vogliamo manipolare papà per comprarci qualcosa - io ero molto brava in questo. Poi impariamo a stabilire legami di fiducia sempre più grandi, oltre la famiglia, e questa cosa ci rende persone più o meno affidabili, in grado di amare. Non so come lo chiamino gli uomini ma se partiamo dal presupposto che l’amore sia la capacità di provare fiducia e rispetto nell’altro e nel mondo, penso che sia abbastanza importante per tutti crescere in queste abilità.

Per le donne forse è un concetto più comprensibile e semplice perché quasi tutte abitano la dimensione ciclica nel corpo e questo facilita il rapporto con il cambiamento, quindi con l’amore.

Nel tuo libro ci sono moltissime scene di sesso e scritte molto bene. Ti sei ispirata a qualcuno?

All’esperienza del mio corpo.

E dalla casa editrice ti hanno dato carta bianca?

Totalmente. Anche se la editor a un certo punto ha chiesto che ci fosse anche una trama in mezzo a tutti questi amplessi.

Si parla anche di pompini…

Certo, è il cuore della questione. Se non si parla di pompini non si può parlare di amore.

Il sesso funziona ancora? Perché leggo molti libri che riportano statistiche che raccontano di una grande crisi. Sembra che le nuove generazioni facciano poco sesso e anche le vecchie spesso si accodano. Forse il sesso è anche sopravvalutato…

Ne parlano troppo. Penso anche sia normale avere poca voglia di fare l’amore senza avere rassicurazioni o speranze sulla sopravvivenza della specie. Questo ovviamente implica che l’atto sessuale sia un atto riproduttivo. Lo è sempre, in effetti, anche senza figli. Il sesso non è sopravvalutato ma è alimentato dalla gioia e dal desiderio di futuro, due fattori che forse ora, nel discorso pubblico, scarseggiano.

Invece nel libro non hai parlato di depilazione ma mi ricordo di una bella puntata de La Zanzara in cui ti battevi per difendere i tuoi peli. Spezziamo una lancia a favore di chi non vuole depilarsi, in un mondo che sta diventando sempre più glabro…

Io supporto e sostengo tutte le amiche che non hanno voglia di depilarsi. Belle che siete, ogni volta che vedo un vostro ciuffo spuntare dal corpo sento la vostra forza guizzare da ogni pelo.

Su Instagram sei @etimofuggente e sui tuoi canali racconti di sesso, relazioni ed etimologia. Facciamo un gioco… ti dico un termine: “coppia”…

Senti, la cōpŭla latina era il legame per condurre gli animali, due a due. Deriva da apĕre ‘legare, attaccare’. Insomma dipende come te la vivi. C’è chi trova bellissimo tenersi legati a pascolare per sempre e chi lo trova agghiacciante. Io dipende dai giorni. Quel tenersi per mano che Tommaso trova insopportabile è la memoria di quel portarsi insieme o costringersi, passando attraverso la vita, nel bene e nel male.

E se dico “cura”?

Mi piace molto che l’aggettivo “curiosa” condivida lo spazio con cura. Curioso deriva da cura e sono attitudini simili, c’è la stessa premura e sollecitudine in chi è curioso e chi si prende cura di qualcuno. E poi ovviamente presuppongono l’esistenza di un altro.

Se dovessero tradurre il tuo libro all’estero hai già pensato a come si potrebbe rendere “sottona” nelle varie lingue?

Eh, con mia sorella che vive negli Stati Uniti da una vita ci siamo interrogate sulla cosa. Doormat, zerbino, è il primo termine che viene in mente. Riflette quell’attitudine alla sottomissione, anzi alla genuflessione emotiva della “sottona”. Altro termine che mi piaceva era softie, ma lei mi ha fatto notare che ha un’accezione più generica, che fa intendere una persona accomodante, morbida e poi non viene usato in ambito sentimentale. Alla fine, per la scheda che verrà inviata alle fiere all’estero abbiamo optato per romantic doormat.

Non ti lascio se non ci dici ancora qualcosa di molto bello sull’amore…

Questa intervista è un sequestro di persona.

Come fare l'amore: Romanzo di una sottona di Sarah Barberis

Darla subito, la prima sera. Magari per altre funziona, ma per Teresa è sempre un casino. Perché lei si affeziona in una notte e confonde l’intimità dei corpi con quella dei sentimenti. Insomma, ci rimane sotto. Come se non bastasse, stavolta è fine estate e Teresa è su una piccola isola del Mediterraneo, con una luna piena di ormoni, un vulcano turbolento e uno sconosciuto dalla voce profonda. Opporre resistenza è impossibile, anche se Teresa sa già come andranno le cose: una botta e via, arrivederci e grazie. Tommaso, poi, di storie non vuole proprio saperne. È un fuggitivo di professione, lavora nella cooperazione internazionale e vive con la valigia pronta e il passaporto in tasca. Ora però si è preso un anno sabbatico, per capire cosa vuole dalla vita. È così che Teresa e Tommaso si incontrano, ed è così che finiscono a letto insieme.

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