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Dove ha inizio la scrittura. Quattro libri

Di Claudia Grande • maggio 01, 2025

“Sapere che non si scrive per l’altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, non sublima niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l’inizio della scrittura”.

“Là dove tu non sei”: ecco il luogo della scrittura, secondo Roland Barthes: dove finisce il nostro ego e inizia ciò che è altro da noi. Chi scrive dovrebbe essere mosso dal piacere, dalla voglia di tuffarsi in una storia lasciandosi guidare dai personaggi – che sanno condurre la penna molto meglio della mano che la impugna; più di tutto, chi scrive dovrebbe avere una costante disponibilità a ricevere stimoli dal mondo esterno: la scrittura è solo all’apparenza un esercizio solitario, perché le fonti da cui trarre ispirazione sono infinite, e si trovano (quasi) tutte fuori dal nostro guscio.

In questo articolo vi illustrerò uno dei metodi più efficaci per rompere il proverbiale guscio: leggere, ovviamente; confrontarci con altre storie, altre voci, altri punti di vista – che, il più delle volte, hanno già raccontato quello che vorremmo raccontare noi, e lo hanno fatto percorrendo una delle tante strade che le parole possono costruire.

Ho scelto quattro libri che sono stati carburante per la mia scrittura: spero possano esserlo anche per la vostra, ampliando gli orizzonti del vostro immaginario.

Brevi interviste con uomini schifosi di David Foster Wallace

Le voci di un'America allucinata, che per non crepare si vomita addosso tutto il veleno possibile. Questi «uomini schifosi» sono iene che - vittime o carnefici - divorano il proprio fianco lacerato.

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Questi ventitré testi del supremo David Foster Wallace rappresentano, a mio avviso, un’evoluzione notevole della sua cifra stilistica rispetto alle precedenti opere, nonché uno degli apici raggiunti dalla prosa e dall’ingegno dello straordinario autore.

I protagonisti di ogni testo sono maschi bianchi etero cis agghiaccianti, fieramente americani: manipolatori, violenti, subdoli, possessivi, ossessivi, megalomani, abusanti… Wallace ci mette di fronte alle declinazioni peggiori della mascolinità, tratteggiandole con spietato sarcasmo, esorcizzando i fantasmi che incarnano attraverso una scrittura impetuosa e feroce.

La maggior parte dei contenuti del libro sono interviste immaginarie: una forma molto particolare, che mi ha fatto venire voglia di sperimentare. Perché non provare a intervistare personaggi impossibili? Oppure, potremmo esercitarci con altre forme poco utilizzate in letteratura, attingendo dalla realtà che ci circonda: potremmo comporre una silloge di recensioni liriche su TripAdvisor; potremmo ingaggiare improbabili esperimenti di seduzione nella chat Tinder e collezionarne gli esiti – fausti o infausti che siano; potremmo redigere articoli di giornale su notizie di cronaca mai avvenute o compilare lo scambio epistolare tra un serial killer e un fan sfegatato… non c’è davvero limite all’immaginazione, e, personalmente, l’ho capito grazie a David Foster Wallace.

Lud nella nebbia di

Separata da noi da abissi di tempo e dimensioni estranee, sorge l’antica città di Lud nella Nebbia, con le sue mura e i suoi vicoli, i suoi fiumi e le sue colline, ma senza spade e senza incantesimi. Ogni oggetto fatato è da tempo al bando, ogni riferimento alla magia è un tabù infrangibile.

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Lud nella Nebbia, capitale di Dorimare, sorge pericolosamente vicino al Paese delle Fate: ai dorimariti è stato insegnato che le Fate sono esseri crudeli da cui stare alla larga, e che chi oserà mangiare la terribile frutta fatata sarà condannato alla pazzia. Nataniel Cantachiaro, sindaco di Lud, dovrà fronteggiare i terribili contrabbandieri di frutta fatata che rischiano di far cadere la città nella follia per consegnarla in mano alle Fate.

Questo romanzo attinge al folklore, alla storia e alla letteratura britannici. È considerato uno dei testi seminali dell’epic fantasy insieme a… rullo di tamburi… Il Signore degli Anelli, capolavoro senza tempo che considero la mia Bibbia. Lud nella Nebbia precede la trilogia di J. R. R. Tolkien di circa trent’anni, aprendo la strada al genere. Questo gioiellino è stato dimenticato per anni; del tutto inaspettatamente, nel 1970 è stato riscoperto ed è diventato un’opera di culto nei paesi anglofoni. Spero che lo stesso accada anche in Italia.

Perché questo romanzo può ispirare la nostra scrittura? Innanzitutto, perché c’è bisogno di voci che infondano linfa vitale nel genere fantasy sul mercato italiano (e quelle voci potrebbero essere le nostre…); poi, perché leggere questo libro, per me, è stato come vedere un arazzo che prende vita: la prosa di Mirrlees è ingegnosa, evocativa, multicolore, di rara eleganza nella sua complessa vivacità, tanto che mi ha invogliato ad aprire il pc per togliere le briglie alla fantasia, lasciandola libera di condurmi verso l’eccentrico, l’inesplorato, il nuovo.

Invisible Monsters di Chuck Palahniuk

Da affascinante centro di attrazione Shannon si ritrova a essere un mostro invisibile, evitato da tutti, tradita dal fidanzato Manus e dall'amica del cuore, Evie...

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Chuck Palahniuk racconta con la consueta efferatezza alcuni dei problemi più diffusi nella società moderna: il culto del sé; la bellezza a ogni costo; il materialismo che nutre un cieco, bestiale individualismo; le dinamiche di genere; l’emarginazione sociale; il disperato bisogno di accettazione insito in ognuno di noi. Lo fa attraverso una storia totalmente folle, che mi ha fatto innamorare sin dalle prime righe.

Quali sono gli ingredienti dell’incipit di questo romanzo pirotecnico? Un bellissima e biondissima sposa, il cui abito è andato a fuoco proprio il giorno delle nozze; una donna trans di nome Brandy Alexander che giace ai suoi piedi, in una pozza di sangue; un fucile che ha già sparato e forse sparerà di nuovo; una misteriosa ragazza con il volto coperto da veli neri di organza borchiata, pronta ad accogliere le ultime volontà di Brandy – e, chi lo sa, a vendicarla…

Leggere Chuck Palahniuk mi spinge a scrivere trasformando il reale in qualcosa che di reale sembra possedere ben poco: in un’epoca come questa, in cui il confine tra realtà e finzione è più che mai labile, il surreale, il pulp, il grottesco, lo straniante, il fantastico, l’horror possono esprimere al meglio l’anima essenzialmente caotica che sembra abitare il mondo.

Il mio idolo in fiamme di Usami Rin

Il romanzo racconta la vita della liceale Akari, distrutta dopo che l’idolo di cui è follemente innamorata finisce al centro di uno scandalo. Vincitore del Premio Akutagawa 2021, il più importante premio letterario giapponese.

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Akari, una ragazza introversa, con grosse difficoltà relazionali, ha come unica ragione di vita quello che chiama “il suo idolo”: si tratta del giovane Masaki, una pop-star come tante, con cui Akari sente però di aver intessuto una connessione speciale, pur non avendolo mai incontrato al di là dello schermo. Akari è talmente ossessionata da Masaki che, quando lui si troverà al centro di una bufera social per aver maltrattato una fan, resterà virtualmente al suo fianco, tentando di riabilitarne l’immagine.

Quella che sembra un’ingenua fissazione adolescenziale nasconde qualcosa di ben più complesso e oscuro: una grave depressione che porterà Akari a fare di tutto per sostenere il suo idolo, anche a discapito della propria salute (fisica, oltre che mentale).

Questo romanzo mi ha fatto ragionare sul fatto che certi temi, estremamente attuali, possono trasformarsi in altrettante storie da raccontare: abuso dei social media, idolatria delle superstar e depressione giovanile sono solo alcuni degli argomenti che affollano questo presente sempre più difficile da decifrare. La scrittura può aiutarci a trovare delle coordinate misurandoci con ciò che non comprendiamo a pieno.


 

Un ultimo consiglio prima di salutarci: dimenticate l’orologio. Scrivere e leggere sono processi lenti e non ci sono scorciatoie – una rarità, in un mondo che ci obbliga a correre. Nell’arco delle nostre giornate frenetiche, quando è possibile, proviamo a ritagliare piccoli spazi in cui concederci un assaggio di lentezza: mettere in pausa il caos che ci circonda è un gesto di cura verso noi stessi, prima che verso le pagine a cui sceglieremo di dedicarci.

Claudia Grande (Chieti, 1990) lavora in Rai Pubblicità come copywriter e content creator. I suoi racconti sono stati pubblicati sulle riviste Frankenstein Magazine e L’Inquieto. Bim Bum Bam Ketamina è il suo primo romanzo.


 

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