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Guida filosofica alle vacanze

Di Francesco D'Isa • luglio 25, 2022Pensieri

È arrivata l’estate più fredda dei prossimi cinquanta anni (purtroppo è così) ed è noto che con la calura – come del resto con tutti i malesseri – le capacità mentali calano. La prima cosa da fare dunque è smettere di lavorare il prima possibile e, aggiungo, il più a lungo possibile, per seguire alla lettera i saggi consigli di Rensi (con la “S”), uno dei migliori e più sottovalutati filosofi italiani del novecento (Contro il lavoro, Edizioni Wom). Il passaggio successivo invece non è un dovere ma un desiderio, ovvero viaggiare, con il corpo e con la mente, per contrastare l’impigrirsi cognitivo legato al reiterarsi di abitudini percettive – insomma, bisogna cambiare aria, per non trasformare il nostro cervello in una macchinetta rigida e alienata. Per questo provo a suggerirvi un percorso per lo meno intellettuale, perché se il tempo c’è ma il denaro no tanto vale mettere a frutto il primo con libri che durante l’anno non riusciremmo a leggere.

Scegliere non è facile, dunque meglio affidarsi a un oracolo – anzi, consiglio direttamente un oracolo che coincide anche con una delle più interessanti mete esotiche a disposizione, la Cina. I Ching (Adelphi), il libro dei mutamenti, tra i testi più antichi della storia umana, che secondo l’antico e (appunto) mutevole pensiero cinese si identifica con la sua stessa denominazione, perché non raffigura o racconta il mutamento ma lo riproduce. Un libro così importante però necessita anche una guida alla guida, dunque vi consiglio un bel testo uscito da pochissimo per Tlon, Introduzione all’I Ching, di Tiziano Mattei, che oltre a parlare dell’antichissimo oracolo vi offrirà un corso di storia della cultura cinese, purtroppo poco studiata dalle nostre parti. Un altro testo molto più ponderoso ma davvero istruttivo in merito è Storia della cultura cinese di Anne Cheng, adatto a viaggi – reali o immaginari – decisamente più lunghi.

Dato che siamo in Cina perché non fare un salto in India? Anche qui i consigli sarebbero tantissimi; per iniziare la Bhagavadgītā, che è la parte più filosofica dell’immenso poema epico indiano Mahābhārata (IV sec. a. C); e gli Yoga Sūtra, la breve opera del misterioso filosofo Patañjali, una figura leggendaria di cui è difficile offrire una credibile ricostruzione storica ma che ha per primo definito cos’è lo yoga. Posso non consigliare il Canone Buddhista? No, non posso, ma sono migliaia di pagine e finisce che non ci si schioda più dall’India, dunque ok, prendiamolo, ma limitiamoci a leggerne alcune parti, come il Dhammapada e il Satipatthana Sutta, che offrono una buona panoramica di questo pensiero e delle tecniche di meditazione. Ora basta oriente però, saliamo verso la Russia, magari al fresco, che ahimè nel caso di Pavel Florenskij lo era in entrambi i sensi, letterale e figurato. Le sue lettere dal Gulag (Non dimenticatemi, Mondadori) sono una commovente testimonianza di un pensatore attivo in ogni condizione, di una mente incapace di odiare e di un padre meraviglioso – ma d’altra parte tutta l’opera di questo filosofo-teologo-storico dell’arte-inventore-matematico vale la pena di essere letta e riletta. Se volete tornare in patria invece vi consiglio una capatina in Mitteleuropa con Il cortigiano e l’eretico, un appassionante racconto di Matthew Stewart sulle tracce di Spinoza e Leibniz, due dei nostri filosofi più grandi. A dire il vero l’autore parteggia palesemente per Spinoza, e lo capisco, ma sottovaluta il povero Leibniz, che a tratti fa un po’ la figura dell’arrivista ciarlatano; ciononostante si tratta di un libro godibilissimo, che esplora con chiarezza la storia, la biografia e la filosofia di questi due grandi autori. Se invece ci vogliamo spostare in Germania non posso che dire Devi cambiare la tua vita, per citare Peter Sloterdijk che cita una delle più enigmatiche poesie di Rilke. In quella che è forse una delle sue migliori opere, il filosofo tedesco ci diletta con la raffinata, chiara e verbosa prosa che lo contraddistingue lungo un percorso che legge la filosofia come un esercizio e un’ascesi, termine quest’ultimo di origine marziale. Come testimonia un’altra piccola e preziosa opera di Sloterdijk, Negare il mondo?, l’autore è ben informato dei legami tra mistica e filosofia, ben saldi ed espliciti soprattutto a Oriente, e non può che vivere quest’ultima come un esercizio che non solo indaga, ma plasma le menti e in corpi.

Ok, fa caldo, è estate, volete le isole della Grecia perché c’è il mare eccetera. Qui la filosofia ci è nata, dunque i consigli si sprecano: tutto Platone? Tutto Aristotele? Ovviamente è troppo. Allora provate a fare due per uno e sfidatevi con il mistico e complesso dialogo del Parmenide di Platone, magari introdotto dalle brevi e densissime righe del Parmenide originale, uno dei più profondi pensatori della Grecia antica oltre che un insuperato maestro di densità filosofica.

Dalla Grecia scendiamo ora al delirante Medio Oriente del filosofo iraniano Reeza Negarestani col suo Cyclonopedia, tradotto da Virginio Sala per Luiss University Press. Questo libro, diciamolo senza paura, è del tutto incomprensibile e non lo consiglio tanto per la sua portata filosofica quanto per la sua intrinseca bizzarria ed eleganza stilistica. Negarestani è considerato uno dei fondatori della theory-fiction, genere che a dire il vero nasce assieme alla filosofia nell’antica Grecia e Cina, ma va detto che questo filosofo si è spinto al confine più estremo del genere, trasformando la saggistica in uno stile narrativo. Molto di Cyclonopedia infatti è sotto forma di un trattato su cose inesistenti (il Medio Oriente come entità senziente?) e come tale è senza dubbio un sperimento ardito e, devo dire, ben riuscito. Se si vuole apprezzare il Negarestani filosofo invece, che al netto di alcune portentose intuizioni ha il vizio di giocare alla saggistica delirante anche quando non lo dichiara, consiglio il breve Tortura Concreta uscito di recente per Tlon, non solo per il suo saggio, ma soprattutto per l’introduzione di Gioele Cima, che si è cimentato con successo nel complesso compito di esprimere in modo accessibile il pensiero di questo peculiarissimo autore.

E ora passiamo dai deserti ai tropici, con Tristi tropici di Levi-Strauss, celebre antropologo omonimo ai blue jeans ma più simile a Indiana Jones, nonostante il bellissimo incipit in cui ammette senza mezze misure: «Odio i viaggi e gli esploratori». Oltre a essere un classico dell’antropologia questo testo è anche un piccolo capolavoro di narrativa – ecco che torna la theory fiction – e al netto di tante preziose intuizioni è istruttivo anche dove è passibile di critica alla luce degli studi contemporanei.

Abbiamo per ora viaggiato nello spazio, ma dato che non stiamo pagando il biglietto vi proporrei anche una traversata nel tempo fino all’alba della storia umana, con un libro che all’estero ha suscitato un piccolo terremoto ed è ingiustamente passato un po’ in sordina dalle nostre parti. Si tratta di Lalba di tutto. Una nuova storia dellumanità (Rizzoli 2022), di David Wengrow e David Graeber. Il punto degli autori è che la storia umana è ancora legata ad alcuni miti, confutati dai dati ma ancora vivi (e dannosi) nelle nostre menti. Si tratta delle tesi che si fondano su narrazioni della natura umana di matrice spesso hobbesiana o rousseauiana, che legano l’aumento della popolazione a un' ineluttabile formazione di complesse strutture gerarchiche, che di fatto rendono la disuguaglianza sociale un esito obbligato, davanti al quale non resta che alzare le spalle, un po’ com’è il cambiamento climatico per quel caparbio manipolo di negazionisti rimasti ancora in giro. Come scrive Lorenzo Velotti nella sua recensione al libro, il mito che gerarchia, burocrazia, stato, scienza e arte siano un pacchetto da prendere così com’è nella sua inevitabile essenza si fonda su fatti mai avvenuti: «Si tratta di ipotesi, o esperimenti mentali, che tuttavia hanno finito per diventare miti cosmogonici. In Lalba di tutto, la conoscenza delle più recenti scoperte archeologiche da parte di David Wengrow, unita alla teoria antropologica e politica di David Graeber, servono a mettere insieme innumerevoli pezzi – di fatto già esistenti nella letteratura specifica delle due discipline – per rivelare l’abisso che le separa dalla metanarrativa mitica». Gli autori sono in grado di presentare una variegata abbondanza di dati archeologici e antropologici per proporre una diversa storia del mondo, che confuta la netta separazione tra uno stato di natura composto da selvaggi egualitari che vivono nel caos e nella violenza e un processo di civilizzazione monolitico. A tale proposito sono interessanti soprattuto gli studi delle società preistoriche, che siamo abituati a considerare immobili e – per l’appunto – primitive, e che invece possedevano una notevole fluidità e complessità. Incrociando i dati gli autori dipingono scenari inaspettati, con piccoli gruppi di cacciatori e raccoglitori gerarchici da una parte e grandi città egualitarie che praticavano l’agricoltura dall’altra, così come società che cambiavano organizzazione a seconda delle stagioni. Com’è immaginabile un testo simile ha subito sia recensioni entusiaste che critiche serrate (spesso legate al credo politico) e valutarne le fonti va molto al di là di questo articolo e delle mie competenze; resta comunque un’interessante spallata al concetto – piuttosto debole, per chi apprezza la varietà del mondo – del there is no alternative di Margaret Thatcher.

Le alternative ci sono sempre e sono moltissime, tra cui anche quella che vi ho proposto, di non fare un viaggio nello spazio coi vostri corpi accaldati ma nel tempo, con le vostre menti, che sicuramente sono altrettanto sfinite dalla calura, ma, mi auguro, un po’ meno annoiate.

I Ching: Il Libro dei Mutamenti di Wilhelm Richard

«L’“I Ching” è come una parte della natura che aspetta di essere scoperta» C.G. JUNG L’antico libro cinese di oracoli: la massima approssimazione attraverso i segni alla vita stessa.

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Non dimenticatemi di Pavel A. Florenskij

"La vita vola via come un sogno e spesso non riesci a far nulla prima che ti sfugga l'istante della sua pienezza. Per questo è fondamentale apprendere l'arte del vivere, tra tutte la più ardua ed essenziale: colmare ogni istante di un contenuto sostanziale, nella consapevolezza che esso non si ripeterà mai più come tale".
Così scriveva Pavel Florenskij il 20 aprile 1937, pochi mesi prima di venire ucciso. Da anni si trovava nel gulag delle isole Solovki, uno dei più terribili luoghi di repressione della dittatura staliniana. Il suo unico contatto con il mondo esterno era dato dalla possibilità di scrivere a moglie e figli. Nonostante le lettere venissero sottoposte a rigorosa censura, l'epistolario di padre Florenskij rappresenta un documento di particolare eccezionalità per il rilievo esistenziale e teoretico: biografia e pensiero, metafisica ed esistenza, ragione e passione si congiungono intimamente nell'esperienza tragica di un testimone tra i più autentici e radicali del nostro tempo, martire della fede ortodossa in terra russa negli anni del terrore staliniano.

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Tristi tropici di Claude Lévi-Strauss

«Ho cercato la mia strada molto a lungo. In etnologia sono un completo autodidatta. Una prima rivelazione l'ho avuta per ragioni inconfessabili: smania d'evasione, desiderio di viaggiare.» Queste parole di Claude Lévi-Strauss riassumono il senso di "Tristi Tropici", resoconto delle spedizioni compiute dall'autore nel Mato Grosso e nella foresta amazzonica.

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L'alba di tutto di David Graeber, David Wengrow

Da dove nascono la guerra, l'avidità, lo sfruttamento, l'insensibilità alle sofferenze altrui? E qual è l'origine della disuguaglianza, ormai rico- nosciuta come uno dei problemi più drammatici e radicati del nostro tempo? Da secoli, le risposte a queste domande si limitano a rielaborare le visioni contrapposte dei due padri della filosofia politica: Jean-Jacques Rousseau e Thomas Hobbes. Stando al primo, per la maggior parte della loro esistenza gli esseri umani hanno vissuto in minuscoli gruppi ugualitari di cacciatori-raccoglitori. A un certo punto, però, a incrinare quel quadro idilliaco è arrivata l'agricoltura, che ha portato alla nascita della proprietà privata. Poi sono apparse le città, e con esse si è affermata l'organizzazione fortemente gerarchica di quella che chiamiamo «civiltà». Per Hobbes, al contrario, la necessità di imporre un rigido ordine sociale si è imposta per contenere la natura individualista e violenta dell'essere umano, altrimenti sarebbe stato impossibile progredire organizzandosi in grandi gruppi.

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Francesco D’Isa (Firenze, 1980), di formazione filosofo e artista visivo, dopo l’esordio con I.(Nottetempo, 2011), ha pubblicato romanzi come Anna (effequ 2014), Ultimo piano (Imprimatur 2015), La Stanza di Therese (Tunué, 2017) e saggi per Hoepli e Newton Compton. Direttore editoriale dell’Indiscreto, scrive e disegna per varie riviste.

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