Ascoltare i draghi. Ursula K. Le Guin e la saga di Terramare
Per me l’importante non è offrire una specifica speranza di miglioramento, bensì – mostrando una realtà alternativa ipotetica e plausibile – liberare la mia mente, e quindi quella dei lettori, dalla pigra e pavida abitudine a pensare che il mondo in cui viviamo ora sia l’unico possibile. È questa inerzia che consente alle istituzioni basate sull’ingiustizia di prosperare senza essere mai messe in discussione.
Ursula K. Le Guin
Ursula K. Le Guin, scrittrice di genere, scrittrice anarchica, scrittrice femminista, è stata etichettata in molti modi diversi nell’arco della sua carriera; fortunatamente la sua attività artistica è stata celebrata e commentata con crescente entusiasmo negli ultimi anni, rendendola di gran lunga l’autrice di racconti fantastici che più di ogni altra ha influenzato la seconda e la terza ondata femminista nel mondo occidentale; per non parlare dell’apporto essenziale che i suoi libri hanno dato al pensiero anarchico e ambientalista nella contemporaneità. Basti pensare a Donna Haraway e ai suoi continui rimandi e omaggi espliciti all’opera di Le Guin; oppure al lavoro di Vinciane Despret, e in particolare al suo Autobiografia di un polpo, saggio antispecista speculativo che prende le mosse ed è praticamente ambientato all’interno di uno dei racconti della scrittrice statunitense.
Spesso e volentieri – e anche a giusto merito – vengono citati e presi in considerazione i racconti e soprattutto i romanzi fantascientifici del ciclo dell’Ecumene (in particolare i pluripremiati La mano sinistra del buio e I reietti dell’altro pianeta) che affrontano di petto alcune delle questioni più urgenti di quegli anni. Tuttavia, per riconsiderare il percorso di Le Guin, pensiamo sia molto interessante analizzare anche la saga fantasy di Terramare, che accompagnò la scrittrice fin dagli esordi, dandole la possibilità di parlare a un pubblico vastissimo di giovani lettori e non solo.
Terramare non è stata un’invenzione deliberata. Non è che ho pensato: «Ehi, wow: le isole sono archetipiche e gli arcipelaghi sono superarchetipici, quindi, dai, costruiamo un arcipelago!». Non sono un’ingegnera, ma un’esploratrice. Terramare è una scoperta.
Più volte, interrogata rispetto alla creazione dei tantissimi dettagli storici del mondo insulare di Terramare, comprese le lingue e le leggende, Le Guin ha dichiarato esplicitamente di aver perseguito una personale forma di worldbuilding basata sull’esplorazione, come se il mondo emergesse da un altrove, senza alcuna preparazione premeditata. Un’esplorazione che non possiamo non considerare anche e soprattutto interiore, un’esplorazione del proprio inconscio, del paesaggio intimo psicologico dell’autrice stessa.
In quest’ottica è interessante considerare la saga di Terramare da tre punti di vista diversi, andando in profondità attraverso tre livelli di lettura: quello personale, intimo, privato (la vita interiore di Ursula), quello sociale (l’influenza dei movimenti politici di quegli anni) e quello cosmologico (come questi sommovimenti interiori ed esteriori possono cambiare il modo che abbiamo di concepire il mondo, sia esso reale o immaginario)
Terramare ebbe inizio nel 1964 con i due racconti: «La legge dei nomi» e «La parola di scioglimento», a cui seguirono i primi tre romanzi: Un mago di Terramare (1968) Le Tombe di Atuan (1970) e La spiaggia più lontana (1972). Poi il vuoto, per quasi vent’anni.

La mappa di Terramare
Attenzione: segue spoiler sulla saga di Terramare
La prima trilogia di Terramare racconta la storia di Ged, lo Sparviere, un giovane di Gont destinato a diventare Arcimago e Signore dei draghi. Un racconto intriso di saggezza orientale, ambientato in un mondo dove il colore della pelle dei protagonisti e della maggior parte della popolazione è scuro, tendente al nero; e la magia – il più grande dei poteri degli esseri umani – è basata su un Equilibrio delicato ed essenziale con la Natura e tutte le forze naturali che la compongono, un Equilibrio che ogni mago deve sempre tenere in massima considerazione, preservare e custodire. Vi è già, in questi tre libri, il seme di ciò che potremmo indicare, con Reine Eisler, come paradigma di Partnership.
In particolare, nel secondo romanzo, Le tombe di Atuan, nel quale Le Guin cambia il punto di vista: da Ged passa ad Arha-Tenar, una ragazzina intrappolata in un’isola sperduta, desertica, oscura; destinata a diventare somma sacerdotessa di una setta tutta al femminile dedita all’osservanza dei culti antichi. Una rappresentazione del femminile che Le Guin voleva inconsciamente distruggere – come poi farà effettivamente chiudendo il romanzo con un enorme terremoto che inghiotte le tombe di Atuan; un episodio su cui ritornerà con gioia consapevole più volte nei suoi scritti. I due, Ged e Tenar, si incontrano in un labirinto del quale Ged è rimasto prigioniero, nel tentativo di recuperare una metà dell’anello di Erreth-Akbe, che dovrebbe riportare la pace in tutta Terramare. Un labirinto del quale, invece, Arha-Tenar, somma sacerdotessa, è l’unica custode assoluta. Seppure – se ne renderà conto durante l’incedere degli accadimenti – ne sia suo malgrado imprigionata. I due si salveranno a vicenda solo quando riusciranno a fidarsi l’uno dell’altra e a conciliare un’autentica comunione d’intenti. Simbolicamente assistiamo a una trasformazione gilanica, nella quale la coesione dei generi possa portare a una liberazione comune, d’insieme.
Ancor più interessante, però, è quanto accade tra La spiaggia più lontana e Tehanu, il primo libro della seconda trilogia, che Le Guin riuscirà a scrivere solo diciotto anni dopo. Nonostante questa enorme distanza temporale biografica, i due romanzi vedono intercorrere, nel tempo della fabula, pochissimi giorni tra la fine di uno e l’inizio dell’altro: giusto il tempo che serve al drago Kalessin per portare in groppa Ged da Selidor a Gont, dalla fine del mondo nuovamente fino a casa.
Il percorso di vita di Le Guin la porterà, in quegli anni di apparente attesa, a riconsiderare l’intero paradigma delle sue storie e del mondo che aveva costruito. O meglio: esplorato. Proprio per questo motivo, però, l’autrice non sceglierà di cambiare il mondo di Terramare con un intervento esterno, ma invece deciderà di cambiare di nuovo il punto di vista: in Tehanu torniamo a Tenar, la protagonista de Le tombe di Atuan. Ma troviamo una Tenar ormai adulta, una donna che avrebbe potuto studiare l’arte della magia con Ogion, uno dei maghi più saggi dell’arcipelago, al quale Ged l’aveva affidata; e invece decide di vivere una vita “normale”, sposa un fattore, fa due figli e conduce la fattoria di famiglia. Finché, dopo la morte del marito, quando i figli hanno già preso le loro strade e sono andati via, arriva Therru, una bambina che Tenar deciderà di adottare e portare con sé, una bambina che è stata gettata nel fuoco da un gruppo di malviventi di cui presumibilmente facevano parte i suoi stessi genitori. Dopo questo episodio Therru dovrà per sempre convivere con una gravissima menomazione alla parte destra del corpo, che le comporta persino la perdita di un occhio. In questo contesto, alla morte di Ogion, arriva Ged in groppa a un drago. Eppure, non è il solito Ged, perché per salvare Terramare ha dovuto inevitabilmente perdere tutti i suoi poteri da mago.
In questo libro e nella successiva ricostruzione di Terramare vengono ribaltati i valori tradizionali dell’epica: da racconto delle gesta degli eroi, dei grandi signori, di guerre e incoronamenti; si passa dalla parte dei deboli, degli sconfitti, delle donne, dei bambini, dei menomati. In Tehanu i protagonisti sono un uomo e una donna di mezza età senza alcun potere, una vecchia fattucchiera, una bambina storpia.
E la cosa davvero sbalorditiva è che scopriamo con Ged che è proprio la vulnerabilità di questa condizione esistenziale, la perdita del potere, la sconfitta, a renderlo un vero uomo, a tutto tondo, a renderci persone equilibrate e armoniche. In questo caso Tenar, che è già una persona libera, matura, completa; diventa la nostra guida. Emblematico, in tal senso, che in Tehanu appaia per la prima volta il sesso, tra Tenar e Ged (Le Guin commentava con divertimento, ironicamente, che il titolo provvisorio del romanzo era stato per lungo tempo “Meglio tardi che mai”, proprio in riferimento all’unione tra i due protagonisti della saga). Si torna alle cose piccole, in Tehanu, alle cose semplici. Ma c’è comunque qualcosa di grande che sta cambiando, di pari passo, nel processo cosmogonico del mondo.
Con un meccanismo analogico molto raffinato, percorrendo i livelli di lettura di cui sopra, Le Guin riesce a indirizzare il mondo, l’arcipelago di Terramare, da un Modello Dominatore a un Modello Mutuale. Nel quale non sia più il potere androcratico a spadroneggiare – pure se tramite la magia, che di primo acchito sembrerebbe una forza naturale estremamente positiva, se usata a fin di bene, per mantenere l’Equilibrio. In questo processo di trasformazione, personale, sociale, e cosmologico; la misteriosa chiave è rappresentata da una bambina storpia, Therru, che, dice Ogion a Tenar durante i suoi ultimi giorni di vita, tutti «impareranno a temerla». Una bambina che evidentemente rappresenta l’anello d’unione tra uomini e draghi (come scopriremo successivamente); ovvero le creature che simboleggiano il selvaggio, la Natura, e che – si dice nelle Leggende di Terramare – in principio erano un tutt’uno con gli esseri umani, prima della separazione avvenuta tra le due razze, nei tempi antichi, che porterà umani e draghi a imboccare strade diametralmente opposte. Un discorso estremamente complesso che si intreccia perfettamente, con un balzo nell’insospettabile futuro, con i movimenti ecofemministi e postmaterialisti, e che abbraccia i decenni di ricerca filosofica che hanno pervaso questi ultimi anni, e che forse, potrebbero davvero cambiare il mondo, o quantomeno alcuni di noi.
Coloro che rifiutano di ascoltare i draghi sono probabilmente condannati a passare la loro vita nella rappresentazione degli incubi dei politici. Ci piace pensare di vivere nella luce del sole, ma il mondo per metà è sempre nelle tenebre; e la fantasia, come la poesia, parla il linguaggio della notte.
Ursula K. Le Guin

La saga di Terramare
Per la prima volta in Italia, un unico volume riconsegna all'immaginazione dei lettori i sei capitoli della saga considerata una delle pietre miliari del fantasy, al pari del Signore degli Anelli, e che ha conquistato milioni di appassionati.

Terramare. Un mago di Terramare
Ged, il più grande stregone di tutta Terramare, nella sua gioventù spericolata veniva chiamato lo Sparviero. Affamato di potere e conoscenza, ha rivelato segreti a lungo custoditi liberando una terribile minaccia sul mondo. Questa è la storia della sua prova, di come ha cercato di apprendere le arti magiche, di come ha domato un antico drago e attraversato la soglia della morte per ristabilire l'equilibrio dell'intero universo.

Terramare. Tehanu
Dopo essere sfuggita alle tombe di Atuan grazie all'aiuto di Ged, Tenar ha vissuto una vita tranquilla, lontana dagli Antichi Poteri della Terra. Ha adottato la piccola Therru, una bambina con molti segreti e una forte connessione con la magia... Ma quando Ged torna a bussare alla porta di Tenar, in cerca di conforto, lei farà di tutto per aiutarlo: così l'ex sacerdotessa e lo stregone si troveranno di nuovo insieme ad affrontare sfide straordinarie.

Terramare. La spiaggia più lontana
Un'oscura minaccia incombe su Terramare: i maghi stanno perdendo la loro magia. Sarà di nuovo Ged a dover salvare le sorti della sua terra, intraprendendo un audace e insidioso viaggio, in compagnia del giovane principe Arren di Enlad. Insieme navigheranno verso le parti più estreme del loro mondo, affrontando soprannaturali pericoli, fino a raggiungere la spiaggia più lontana, ossia il confine tra la vita e la morte...
Bartolomeo Cafarella ha pubblicato racconti, articoli e saggi su diverse riviste e giornali. Si occupa soprattutto di filosofia dell’animalità, antropologia, storia delle religioni e tradizioni native. I suoi ultimi lavori sono il saggio Il simbolo tace. Il dio fanciullo e l’accordo supremo (DITO publishing, 2020) contenuto nell’omonimo pamphlet, Opera animale. Appunti sul teriantropismo e sulla metamorfosi (Edizioni Volatili, 2021) e uno dei reportage narrativi del libro È giusto che finisca così (CTRL, 2023) incentrato sulla Biblioteca del Lupo in Valchiusella.